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Parliamo di ‘stranezza’: come spiegare la neurodiversità ai bambini



Ciao a tutti e benvenuti nel mondo di Oli!

Siamo lieti di inaugurare questo spazio aperto a tutti coloro che hanno a cuore un futuro più inclusivo per i propri figli, che desiderano condividere la propria esperienza o che hanno qualcosa da dire. Io sono Valeria, founder e CEO di Oli help, e tocca a me rompere il ghiaccio e rispondere a una delle domande che mi rivolgono più spesso: "Come posso parlare di neurodiversità e come la spiego a mio figlio (e ai suoi nonni, qualora dovesse servire!)?".

Quando tuo figlio ti racconta del bambino "strano" che ha in classe, cosa gli dici esattamente? Al giorno d'oggi è possibile girare la domanda a ChatGPT e probabilmente otterresti una risposta più affidabile di quella che avresti all'uscita da scuola o nel gruppo Whatsapp della classe! Ma ammettiamolo pure, è molto probabile che abbiate a che fare con un bambino neurodiverso o, come piace dire a noi, con una giovane "mente diversa". Per questo motivo, andrò dritta al punto approfittando del ritorno a scuola e vi darò qualche spunto per trovare le parole giuste per parlarne..


Se non doveste avere il tempo di continuare a leggere, vorrei condividere alcuni punti importanti:

  • Quando tuo figlio incontra un nuovo compagno di classe con caratteristiche particolari, è normale che venga in mente l’aggettivo "strano" e non c'è da sorprendersi se non sai come reagire, noi siamo qui per aiutarti.

  • Comprendere la neurodiversità è fondamentale per poterla spiegare a tuo figlio e contribuire attivamente a creare un futuro più inclusivo per tutti i bambini.

  • Capire come funziona una mente diversa non è un'impresa facile, nemmeno per i neuroscienziati, ma insieme ce la possiamo fare.

  • La guida di Oli, che troverai in questo post, ti accompagnerà passo dopo passo, a trovare le parole giuste per imparare a rispondere a tuo figlio.

  • Affrontare le preoccupazioni dei bambini dimostrando apertura mentale ed empatia è fondamentale per il loro benessere e per favorire un ambiente scolastico più inclusivo.


“Mamma, quel nuovo bambino è strano" - Non agitarti, ti aiuto io a trovare le parole giuste per rispondere.


“Perché parla in modo così strano?” “Si muove in modo goffo - alcuni bambini l'hanno preso in giro in giardino” “Non fa che ripetere sempre le stesse cose e interrompere, è proprio fastidioso” “Sta sempre da solo in un angolo e non vuole giocare”... Finalmente il tuo bambino vuota il sacco su quel nuovo compagno di classe... È nuovo a scuola o forse c’è stato un rimpasto delle classi e ora si trova con tuo figlio... Non hai osato fare domande e aspettavi che fosse tuo figlio a parlarne perché "tanto forse non se ne sarebbe nemmeno accorto/a". Ma ora che l'ha fatto, non mi sorprende che tu ti stia chiedendo come aiutarlo! Qual è la cosa giusta da dire?


Sembra una situazione piuttosto complicata e non hai tutte le informazioni necessarie. Hai sentito alcune mamme all'ingresso della scuola parlare tra loro di "apprendimento di qualcosa - era DSA?", un'altra diceva "autismo di sicuro, perché al giorno d'oggi lo spettro è così ampio". Ma alcuni genitori più vicini hanno ipotizzato che si tratti di "gestione della rabbia" e "problemi comportamentali", perché i rappresentanti di classe "non sono autorizzati a fornire alcun dettaglio". Forse il bambino ha bisogni educativi speciali (BES), ha un piano educativo individualizzato (PEI) o risponde ai criteri per l’assegnazione di un insegnante di sostegno?


O forse, dopo tutto, Susanna ha ragione: il bambino sta attraversando un momento difficile perché i genitori stanno divorziando! Ma dov’è il problema, dovrei pormelo proprio io? Se ti interessa un futuro più inclusivo, la risposta è sì e vorrei aiutarti a rispondere nel modo migliore.



È ora dei “compiti a casa" - Iniziamo con alcuni termini di base.


Non ho la pretesa di reinventare Wikipedia, ma sappiamo anche che Google può essere fuorviante, per non dire inutile. Se ti senti confuso, sappi che non sei solo. Dal punto di vista clinico, ci sono continui dibattiti medici sui criteri diagnostici dei "disturbi" definiti nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) e nella Classificazione internazionale delle malattie (ICD) - di tanto in tanto un comitato autorevole fonde o scinde le cellule di Excel che sono alla base della categorizzazione (quando è scomparso l'Asperger? Non si chiamava forse disturbo dell’attenzione e basta a un certo punto?).


Da un punto di vista scientifico non abbiamo mai avuto una tale conoscenza dell’uomo e del cervello umano, ma siamo anche consci della nostra ignoranza (forse questo era meglio tacerlo!). Dal punto di vista filosofico il mondo è diviso e combattuto tra l'etichettare o meno le persone a causa delle implicazioni sociali che questo può avere. Dal punto di vista culturale è impossibile fare una carrellata di interessanti teorie sulla genesi e su altri aspetti: se sei italiano come me, "i nonni" potrebbero liquidare tutto con un semplice "è maleducato/a", un messaggio stenografico sulle tue (scarse) capacità di genitore. Oppure, se sei fortunato, forse è un effetto collaterale di quel vaccino di cui si parla tanto?


La farò breve e mi atterrò a 3 termini di uso comune e uno creato per la comodità dei genitori come me:

  • Neurotipico – Una persona il cui funzionamento neurologico viene definito come tipico o nella norma.

  • Neurodivergente – Una persona il cui funzionamento neurologico differisce da ciò che viene definito tipico o nella norma; non neurotipico.

  • Neurodiverso - Termine inclusivo che descrive l'eterogeneità delle menti umane secondo l'idea che ogni essere umano è unico per caratteristiche cognitive e comportamentali.

  • Menti diverse - In Oli help crediamo che diversità voglia dire unicità e che ogni bambino sia in grado di dare il proprio contributo nel mondo in modo unico e potente: ha solo bisogno di sentirsi compreso per trovare la propria strada.

(Disturbi? Etichette? Parliamo di disturbo dello spettro autistico; ADHD; discalculia; disgrafia; dislessia; disprassia; disturbo oppositivo provocatorio; disturbi dell'elaborazione sensoriale; disturbo da ansia sociale; disturbo ossessivo compulsivo e così via. Quando parliamo di questi disturbi ci basiamo sugli ultimi DSM e ICD, ma facciamo del nostro meglio per aiutarti a dare un senso e capire cos’è una mente diversa.)


Puoi farcela: voglio aiutarti a trovare le parole!


Veniamo ora a come rispondere alle "stranezze" e spiegare la neurodiversità a tuo figlio:

  1. Spiegagli che il cervello di ognuno è unico nella sua diversità: tutti pensiamo, impariamo ed elaboriamo le informazioni in modo diverso. Sii chiaro, chiedi a tuo figlio cosa gli interessa davvero e parlagli delle tue di stranezze!

  2. Concentrati sui punti di forza: punta a sottolineare ciò che sono bravi a fare, non necessariamente a scuola. Ascolta con curiosità come osservano le differenze negli altri, incoraggialo a non "distogliere lo sguardo".

  3. Non etichettare nessuno - a meno che non tu non abbia il consenso esplicito per farlo, ci sono ottime ragioni per evitare (*Non c'è ancora la diagnosi, o non ce ne sarà mai una, o il bambino ancora non è stato informato, ma ciò non significa che le sue difficoltà non siano reali*). Una cosa è certa, si può sempre parlare di "menti diverse"!

  4. Fai prova di empatia e di accettazione: immagina per un attimo di essere davvero diverso, come se avessi qualcosa che non va... Parla di come essere gentili e comprensivi possa far sentire meglio chi è in difficoltà!

  5. Imparate insieme a conoscere meglio le "menti diverse": leggete libri e guardate programmi televisivi incentrati sulla neurodiversità. Il tuo bambino imparerà a conoscere il mondo e tu avrai l’occasione di scoprire qualcosa di nuovo su te stesso!



“Non è giusto” - Spiega come equità non significa uguaglianza.


“Anche se si comporta male, può andare fuori a giocare", "tutti gli altri devono rimanere seduti al loro banco e lui può muoversi quando vuole", "gli viene concesso più tempo per un compito in classe", "può giocare con le sue carte Pokémon tutto il giorno – e gli insegnanti lo lasciano fare"... Se stai pensando anche tu "è strano, non sembra molto giusto", ti capisco. Dopo tutto, siamo sicuri che una cosa come l'ADHD sia davvero una condizione medica? Tutti si distraggono, chi più chi meno, ma non si può certo premiare un bambino con una pausa in cortile solo perché non vuole sedersi e non riesce a concentrarsi.


Effettivamente il passaggio non sembra essere intuitivo. Alcuni cervelli sono cablati in modo diverso e i neuroscienziati stanno ancora cercando di capire il ruolo di alcuni neurotrasmettitori, per citare uno dei tanti enigmi irrisolti. Il punto è che non pretendo che tu ottenga un secondo dottorato di ricerca, ma fidati degli esperti in campo clinico e degli educatori quando decidono di applicare misure dispensative e/o strumenti compensativi. Oppure fidati di me, perché ci sono passata e posso garantirti che avrei preferito poter evitare!


Tuo figlio deve sapere che essere giusti non significa necessariamente trattare tutti allo stesso modo. Alcune persone potrebbero aver bisogno di più aiuto per raggiungere la stessa meta. Sii onesto e digli che le differenze sono belle, ma possono rendere la vita molto difficile per alcuni bambini. Scoprite insieme come funziona il cervello e imparate a conoscere menti diverse dalle vostre.



“Papà, ho paura di quella bambina” - Trova il modo di entrare in connessione e non farti mai prendere dal panico.


“Se è arrabbiata, inizia a mordere" "all’improvviso sembra impazzito, inizia a correre e a rompere le cose" "urlava e scalciava steso sul pavimento" "ho paura che mi colpisca solo perché ho finito prima di lui" "è stato davvero spaventoso mamma, gli insegnanti non sapevano cosa fare e anche la preside sembrava terrorizzata". Ammettiamolo: nessun genitore vuole sentirsi dire che a scuola succedono cose del genere, né tantomeno notare un livido o scoprire che il proprio figlio è stato vittima di un bambino arrabbiato, QUALUNQUE sia la gravità o l'intento dell'azione, QUALUNQUE sia la diagnosi medica del bambino. Ti sentiamo forte e chiaro: messaggio ricevuto.


La sicurezza fisica ed emotiva a scuola è un diritto di TUTTI i bambini e una priorità di TUTTI gli educatori. Crediamo che dovrebbe essere così, ma ammettiamo che è più facile a dirsi che a farsi e, soprattutto, richiede la collaborazione di tutti i genitori: bisogna iniziare a lavorarci a casa, affinché la classe sia veramente inclusiva e tutti siano sereni.


Il tuo bambino deve sapere che può parlare liberamente dei suoi sentimenti e delle sue emozioni a scuola come a casa. Insegnare loro a esprimere le proprie emozioni è fondamentale e in quanto genitore potresti dover intervenire. Qualunque cosa emerga, non farti prendere mai dal panico: il panico dei genitori può diffondersi a macchia d'olio, il senso di preoccupazione dei bambini diventa facilmente virale e in un batter d’occhio l'insegnante o addirittura un bambino possono scomparire da un giorno all'altro per un "esaurimento nervoso"... Abbiamo davvero bisogno di un'altra pandemia? Sii empatico con tutti i soggetti coinvolti, perché non incoraggiare il dialogo con il bambino e la sua famiglia?

Grazie per averci dedicato il tuo tempo. Spero vorrai continuare a esplorare il mondo della neurodiversità e portare un po' della filosofia di Oli nella tua comunità. Insieme, possiamo avere un impatto positivo e aprire la strada a un mondo più inclusivo!


Dalla mamma di uno di loro!




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